La Gens Iulia

La gens Iulia (talvolta italianizzato in gens Giulia) fu un'antichissima gens romana, di cui fanno parte alcuni tra i personaggi più influenti dello Stato, e di cui viene esaltata leggendariamente a più riprese la discendenza divina.

Secondo una tradizione leggendaria (consolidata, fra l'altro, dalla vasta risonanza dell'opera di Virgilio) la gens Iulia discendeva da Iulo (o Ascanio), figlio di Enea e fondatore della città di Alba Longa, e Romolo stesso ne faceva parte. Se la tradizione è affidabile dovrebbe quindi essere compresa tra le gentes originarie di Roma ricordate dallo storico Tito Livio. In proposito Tito Livio ricorda anche un Proculo Giulio, nobile di Alba Longa, amico e lontano parente di Romolo, che, dopo la misteriosa scomparsa di quest'ultimo, riferì all'assemblea dei romani di averlo visto in un'apparizione, in cui Romolo gli aveva predetto il grande destino di Roma, spiegato la sua dipartita con la volontà divina ed espresso la volontà di venire onorato come dio con il nome di Quirino.

Benché la gens fosse patrizia, economicamente dovette subire alterne vicende, dato che la famiglia del suo membro più famoso, Gaio Giulio Cesare, aveva residenza nella Suburra, quartiere molto popolare. Ciò non impedì a Cesare di ricordare orgogliosamente le proprie nobili origini in molte occasioni pubbliche, quasi a voler legittimare anche moralmente il potere assoluto che avrebbe poi conquistato.

Comunque la gens Giulia fu certamente una delle famiglie più illustri dalla repubblica; i suoi membri ricoprirono la più alta magistratura, il consolato, per ben 29 volte, fino all'avvento di Cesare. Un Sesto Giulio Cesare, pretore nel 208 a.C., è il primo personaggio noto della gens Giulia che porta il cognome di Cesare. Suoi omonimi furono Sesto Giulio Cesare, console del 157 a.C. e un pretore del 123 a.C.

Dopo la morte di Cesare e con il definitivo passaggio dalla repubblica al principato, la gens Giulia continuò a dominare la scena politica di Roma con gli imperatori Ottaviano Augusto, che adottò poi Tiberio Claudio Nerone (appartenente alla gens Claudia, famiglia di antichissima origine sabina) e quindi con Caligola. Dopo la soppressione di Caligola i pretoriani sostennero l'ascesa al potere dello zio Tiberio Claudio Nerone.

La dinastia giulio-claudia, destinata a concludersi con Nerone (definito con riferimento alle origini troiane della gens Giulia come "l'ultimo degli Eneadi"), presenta intrecci familiari di notevole complessità (vedi l'albero genealogico giulio-claudio). Teofilatto, patrizio romano di epoca medievale, da cui discesero i conti di Tuscolo, i Colonna e i Tolomei, si riteneva erede di un ramo della gens Iulia. 

DINASTIA GIULIO CLAUDIA
I primi cinque imperatori romani, che governarono dal 27 a.c. al 68 d.c., quando l'ultimo della linea, Nerone, si suicidò, aiutato da un liberto.
La dinastia viene così chiamata dal nomen (nome di famiglia) dei primi due imperatori: Caio Giulio Cesare Ottaviano (l'imperatore Augusto), adottato da Cesare e pertanto della famiglia Giulia e Tiberio Claudio Nerone (l'imperatore Tiberio figlio di primo letto di Livia, moglie di Augusto), appartenente per nascita alla famiglia Claudia (gens Claudia).
Augusto (27 ac. - 14 d.c.)
Tiberio (14 dc. - 37 dc.)
Caligola (37 dc. - 41 dc.)
Claudio (41 dc. - 54 dc.)
Nerone (54 dc. - 68 dc,)

Agrippina, l'Augusta che voleva regnare


La bisnipote del divino Augusto non volle attenersi al ruolo secondario che la società romana imponeva alle donne. Per questo, dopo aver sposato il proprio zio, l'imperatore Claudio, si propose di conquistare la corona per il figlio Nerone, che però finì per ucciderla.

Bisnipote del divino Augusto (fondatore dell'impero), nipote di Tiberio e figlia del grande Germanico, sorella di Caligola, moglie di Claudio, madre di Nerone... Questa era Agrippina minore, la matrona più famosa di Roma. Riuscì ad abbattere gli ostacoli che l'avrebbero voluta relegata in casa, a occuparsi delle questioni domestiche, come ci si aspettava delle donne "virtuose" e, ancora giovane, raggiunse la dignità di Augusta, ponendosi sullo stesso piano del marito.

Gli storici antichi - nessuno dei quali suo contemporaneo - intravidero nella rilevanza politica di Agrippina una crepa nella struttura patriarcale su cui si basava la società romana, e quindi le furono ostili. Associarono la sua condotta a quella, stereotipata, delle donne ribelli che non si sottomettevano alle regole sociali, e così le sue azioni vennero presentate come frutto dell'irrazionalità, di una sessualità sfrenata, di una mancanza di scrupoli e di una smisurata ambizione. Agrippina è passata alla storia con questo pesante fardello. Solo ora la si comincia a considerare sotto una luce diversa.

Nerone era coperto di macchie e aveva il collo grosso: la scultura svela il volto dell'imperatore

Un mostro al potere?

L'imperatore romano Nerone è passato alla storia come un tiranno crudele e megalomane. Questa rappresentazione, pur non priva di fondamento, si deve in gran parte alle sue scelte politiche: Nerone infatti attuò, accanto a misure molto discutibili e spregiudicate, anche provvedimenti coraggiosi, che però gli alienarono quelle classi sociali che ne avrebbero poi tramandato il ritratto di uomo crudele

NERONE IMPERATORE

Nato nel 37 d.C. da Gneo Domizio Enobarbo e da Agrippina Minore, Lucio Domizio Enobarbo era il rampollo di una delle più nobili famiglie romane. In quanto pronipote di Ottaviano Augusto per parte di madre, Nerone crebbe a corte con sua zia Messalina, moglie di Claudio, ed ebbe come maestro il grande filosofo Lucio Anneo Seneca. Alla morte di Messalina, Claudio sposò proprio Agrippina e adottò Nerone. Dopo l'adozione Lucio Domizio cambiò il suo nome in quello di Nerone Claudio Cesare e, pochi anni dopo, sposò Ottavia, la figlia di Claudio e Messalina.

Nerone salì al potere con appena 8 anni d'età.

Nel 54 Claudio morì, e Nerone gli successe alla guida dell'Impero. I suoi primi cinque anni di governo (quinquennium Neronis) sono descritti in tutte le fonti come anni felici: sotto l'influenza di Seneca e del prefetto del pretorio Afranio Burro, Nerone seguì una politica favorevole al Senato, tesa a garantire i privilegi e le immense ricchezze di questo influente gruppo di potere e del ceto dei liberti (ex schiavi) affaristi; gli insegnamenti di Seneca, inoltre, sollecitavano nel giovane e influenzabile imperatore l'amore per la cultura greca che sarebbe esploso, con manifestazioni eccessive e maniacali, nella seconda parte del suo regno.

Nel frattempo Nerone iniziò una relazione sentimentale con la bellissima Poppea, suscitando l'indignazione della moglie Ottavia e della madre Agrippina, che tentò addirittura di prospettare la sostituzione sul trono di Nerone con Britannico, figlio di Claudio e Messalina. Nerone, allora, agì con spietata lucidità: eliminò in successione Britannico (55), Agrippina (59) e infine Ottavia (62).

L'INCENDIO DI ROMA

Nel 64, a Roma, si sviluppò il celebre incendio del quale vennero accusati i cristiani. In realtà si trattò di uno dei tanti incendi che minacciavano continuamente la popolosa capitale dell'Impero, ma l'odio contro il tiranno da parte di senatori e di cristiani, nonché il fatto che Nerone approfittò dell'incendio per intraprendere la costruzione di un'immensa reggia - la Domus aurea - portò alla diceria che l'incendio fosse stato opera dello stesso imperatore. In ogni caso, durante quella che fu la prima persecuzione contro i cristiani vennero martirizzati s. Paolo e s. Pietro.