Il miracolo del latte, la storia di Parmalat.

Tutto nasce nel 1961 a Collecchio, in provincia di Parma, grazie a un'intuizione del giovane Calisto Tanzi, che abbandona gli studi universitari per dedicarsi a tempo pieno alla gestione dell'impresa familiare. Calisto è sveglio, dopo un viaggio in nord Europa nota che il latte viene venduto in singolari confezioni di cartone e ne rimane colpito per la versatilità. Decide quindi di adottare lo stesso materiale, il Tetrapack, per impacchettare il latte e sviluppare contemporaneamente quello Uht, a lunga conservazione. È un successo, Parma cade ai suoi piedi. Attraverso la promozione porta a porta riesce ad aggiudicarsi anche i vicini mercati di Genova e Firenze. Se nel '62 la piccola azienda di prodotti alimentari fattura 200 milioni di lire, a metà anni '70 diventano 100 miliardi. Sull'onda del successo, il patron di Collecchio non si ferma e decide di investire nella promozione del marchio Parmalat: il celebre simbolo del latte è ovunque, sui cartelloni pubblicitari, in tv, sui giornali. E naturalmente nei supermercati dell'intero Stivale e di mezza Europa.

Il fondatore e presidente della Parmalat, Calisto Tanzi.

Tanzi decide di espandere la società oltre confine utilizzando la stessa idea vincente e ampliando la produzione a succhi di frutta (Santal), conserve alimentari e prodotti da cucina. Le cose vanno bene, anzi benissimo: non ci sono concorrenti dotati di una rete distributiva così capillare e la domanda di latte a lunga conservazione traina l'offerta. 

Ma fare i soldi con il latte non è facile, perché notoriamente è un prodotto a basso margine di guadagno. Alla fine degli anni Ottanta la concorrenza aumenta e il profitto scende fino a diventare negativo. La Parmalat è in perdita e accumula debiti e per poco non viene ceduta al gruppo Kraft. Così, Tanzi, insieme a Fausto Tonna, il direttore finanziario che avrà un ruolo fondamentale nella creazione della truffa che portò al crac, hanno un'idea: quotare la società in borsa. 

Dopo la quotazione, la Parmalat cambia pelle e si trasforma in Parmalat Finanziaria, diventa un impero da sessanta società e si espande in cinque continenti. 

Le campagne pubblicitarie della Parmalat negli anni 90, innovative e copiate.

Non si ferma nemmeno la Parmalat. Nasce la Parmatour, azienda del gruppo che vende pacchetti turistici. Nel biennio del 1996-1997 tramite Club Vacanze rileva 56 agenzie di viaggi facente capo a Ferrovie dello Stato. Il gruppo è notoriamente in perdita ma l'operazione viene comunque conclusa. Parmatour è un buco nero verso cui Parmalat dirotta un'enorme quantità di risorse. Tonna rivelerà ai magistrati che, se non fosse stato per Parmatour, la Parmalat non sarebbe fallita.

Si passa agli anni Novanta, la piccola società di Collecchio è diventata un mostro che ha sempre bisogno di nuovi capitali per i vizi del suo presidente e del suo entourage. I soldi non bastano, quindi si inventano. I bilanci vengono truccati e creano una rete di società con sede in paradisi fiscali con lo scopo di far perdere l'origine del denaro. Inizia la vera truffa: riciclaggio, aggiotaggio, falso in comunicazioni (sociali e ai revisori) e ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob. Nasce la Bonlat, con sede alle isole Cayman, il cui scopo è quello di occultare le distrazioni di denaro ai danni della Parmalat. E il buco di bilancio aumenta.

Il marchio si sgretola, in tutte le borse del mondo.

Alla Bonlat viene intestato un conto da 3,9 miliardi di euro presso Bank of America. Un conto liquido di soldi che non esistono. 

La truffa va avanti perché sulla carta ci guadagnano tutti: la Parmalat che incassa liquidità, i risparmiatori che investono su un titolo sicuro, le banche che guadagnano dalle percentuali di vendita dei bond. Fino all'8 dicembre 2003, il giorno in cui la Parmalat annuncia di non avere sufficiente liquidità per onorare la restituzione di un bond da 150 milioni. Alla successiva apertura di borsa il titolo perde il 40%. 

Il 15 dicembre si dimettono tutti: Tanzi, Tonna, Siningardi e tutto il consiglio di amministrazione. Ma la vera stangata arriva il 19 dello stesso mese: in una lettera a Bankitalia, Bank of America comunica che il conto intestato a Bonlat per 3,9 miliardi di euro è un conto inventato dagli amministratori. Non esiste e non è mai esistito. Nella seconda Repubblica, l'imprenditore di Collecchio non ha più referenti a cui rivolgersi e si trova intrappolato in quella rete che aveva meticolosamente creato. Come spesso accade in Italia, tutti scendono dal carro vincente quando questo non vince più.

Loro sono le star, le mucche della Parmalat.

 I dipendenti della Parmalat passano da 36mila a 18mila, il titolo viene ritirato dalle contrattazioni di borsa. Parma non è più il centro del mondo.

Durante un'udienza in cui si discute la possibilità degli arresti domiciliari, l'ex presidente della Parmalat afferma di essere nullatenente, così i Pm di Parma mandano gli ufficiali della Guardia di Finanza a ispezionare le ville di amici e colleghi. Ne viene fuori una pinacoteca: Monet, Chagall, Renoir, De Nittis, Van Gogh, Boccioni e persino un Picasso. Solo una piccola parte del tesoro di Tanzi. Gli arresti domiciliari vengono negati.

Il picasso ritrovato  nella villa di Tanzi.

Quest'ultimo gesto di Tanzi riassume in pieno la sua personalità: spudorato ma creativo. Si pensa a sistemi complessi, calcoli astrusi, consulenze milionarie, ma il caso Parmalat ci insegna che basta la fantasia di uomo, un computer, uno scanner e una fotocopiatrice per creare uno dei più grandi scandali finanziari della storia d'Europa.

Testo: Lorenzo su The Vision